BIO(IL)LOGICO

Mentre tutti sono d’accordo sulla versatilità ed efficacia dell’Aloe , non si può dire lo stesso quando l’argomento è “biologico si, biologico no”.

Apparentemente la scelta sembra sbilanciata: biologico si, ovviamente. Oggi però vogliamo approfondire i meccanismi che generano scelte strategiche, produttive e commerciali, lasciando al fruitore finale la possibilità di trarre le sue conclusioni.

Abbiamo appurato come l’Aloe Arborescens abbia creato per se stessa meccanismi di difesa: dalla forma al sapore ha un corredo di dissuasori nei confronti degli animali, agenti esterni e batteri.

Per questa ragione necessita di pochissime sostanze di controllo, rendendo molto debole il discorso : ”utilizziamo pochi anticrittogamici”.

Non è intelletto puramente selettivo dei produttori, ma capacità difensiva della natura.

Sembra un pensiero particolarmente sfrontato e probabilmente non incontrerà il favore dei più, ma la considerazione da fare è che, certificate o no, le piantagioni di Aloe Arborescens siano per loro stessa natura “biologiche”.

In Italia un prodotto può essere considerato “bio” quando proviene da piantagioni biologiche e viene accolto in un laboratorio che rispetta i requisiti standard (utilizzo di detergenti amici della natura e con i quali vengono regolarmente puliti i macchinari adibiti alla manipolazione della materia prima o del prodotto). Fino a qui è tutto supervisionato! Il momento della lavorazione è molto più delicato, non soltanto perché stiamo parlando di Aloe Arborescens Ghignone.

Abbiamo appurato in precedenza come sodio benzoato e potassio sorbato siano gli unici conservanti in grado di potenziare la materia prima e mantenerla nelle sue migliori condizioni a lungo. Purtroppo questi due conservanti, di ampio e comune uso, non sono accettati dalle normative mondiali riguardanti il biologico.

Il paradosso è palese: da una parte abbiamo un’Aloe Arborescens rispettata direttamente dalla natura stessa e attiva in ogni sua componente, non filtrata a carboni, non pastorizzata ma decorticata a mano e spremuta a freddo che però non può vantarsi del termine “biologico”; dall’altra parte assistiamo alla propagazione di prodotti nei quali l’Aloe presente è stata potenzialmente strapazzata, pastorizzata, filtrata a carboni e privata di parti integranti importantissime. Paradossalmente questa “aloe modificata” viene inserita in un contenitore sterile e può essere definita “bio”, definita così da chi la etichetta.

Essendo, la quantità di conservanti necessari per stabilizzare un’Aloe viva, così infinitesimale e trascurabile per la salute dell’organismo, non si rende plausibile il problema della scelta.

A volte, condizionati da idee diffuse, teniamo maggiormente a rispettare l’idea che abbiamo della natura invece di rispettare la natura stessa, ma la consapevolezza, preceduta da una conoscenza adeguata, apre le porte a scelte ponderate e mature.